Appunti di un senza macchina

Grigne, Moregallo, Corni di Canzo, Resegone, Monte Rai, Cornizzolo

Da quindici anni non ho la macchina. Abito a Milano e non ho figli, le condizioni ideali per rinunciare al quattro ruote privato. Diventa meno ovvio quando si vive in un paese di montagna collegato con un autobus che d’estate ha come uniche corse 7.00, 8.00, 13.00 e 18.00. Che la domenica diventano 8.00 e 15.00. Pullman da sessanta posti che, tranne quelli scolastici, girano semivuoti quando si potrebbero pensare dei radiotaxi. La realtà di tanti paesi.

Quest’anno ho deciso di fare l’investimento di prendere un bilocale in affitto per avere una casa d’appoggio in montagna e vedere un po’ più da vicino come si vive fuori città. Ho bisogno di raccoglimento e di bellezza oltre che di una tregua dalle notti afose. Ho scelto il triangolo lariano perché è comodo da raggiungere in treno. Il paese è a un’ora a piedi dalla stazione. Salgo un fine settimana e, come si fa in questi casi, chiedo al bar del paese. Mi dicono che forse un signore ha qualcosa che fa al caso mio e lascio il mio numero di telefono che la signora annota su un biglietto. Passa un mese senza notizie e torno su a cercare. Incrocio un signore che sta curando l’orto. Scambiate le prime frasi mi chiede se per caso sono il “ragazzo” senza macchina che ha chiesto al bar.

– Si, sono io!

– Pensa che non riuscivamo a contattarti perché non trovavano più il biglietto – mi risponde, e già sorridiamo della fortunata coincidenza. Così trovo un bilocale di cui mi innamoro a prima vista, con un balconcino aperto sulle Grigne, i Corni di Canzo e il Cornizzolo, le montagne che frequento da quando sono ragazzo. La sera è uno spettacolo coi garriti delle rondini e le nuvole rosa arancioni dietro ai monti.

La prima vota che salgo a prendere le chiavi sento ravanare nella boscaglia di fianco al sentiero: è la cinghialessa coi suoi piccoli, che scappa, non prima di avermi lanciato un grugnito. Ho un brivido di timore ma anche di gioia. Non ho forse cercato casa qua per stare più vicino alla natura?

Un tempo il bosco era infestato dai lupi tanto che il Barbarossa aveva concesso agli abitanti una deroga al divieto di portare armi ma ora non è più così. Il lupo non è ancora tornato tra i due rami del lago.

Il primo giorno cammino per i vicoli del borgo medievale per prendere possesso del territorio. Sono pulitissimi: vedo che è uso rassettare il tratto di strada al di là dell’uscio con la stessa regolarità del salotto al di qua dello stesso. Scopro appesa a un muro la cassetta di un apicoltore da cui posso prendere il miele e lasciare i soldi, sulla fiducia. Poco dopo lo conosco: ha tre bellissimi bambini che sono andati a fare il bagno nel torrente e una casa con una stufa in pietra ollare che con un solo tubo dà la giusta temperatura a tutti gli ambienti.

Dopo anni a lavorare per altri si è messo a fare l’apicoltore in proprio. Quest’anno per la siccità, i fiori di castagno si sono seccati subito e la stagione mellifera si è chiusa con un mese di anticipo (a proposito mi chiedo: con che sapienza questi stessi alberi a ottobre erano pieni di ottime castagne?). Ma che buono il miele di ciliegio! Anche lo sciroppo di sambuco che mi offre e mi rinfresca dopo la salita in pieno sole. E cosa sono le uova delle sue galline? Ha preso razze antiche che fanno uova col guscio bianco, giallo, marrone, verde e azzurro.

Mi mostra un uovo mangiato dai corvi. Dice che ne mangiano uno al giorno ma sono territoriali e tengono lontana la poiana. Una sorta di tassa sulla sicurezza! Un giorno li ha visti in gruppo che scortavano il rapace fino ad Asso e sono tornati indietro.

Ha messo anche dei giovani alberi da frutto che irriga con una pompa ad ariete che funziona con la sola energia di caduta dell’acqua e pesca dal troppo-pieno dell’acquedotto. Quest’anno per la prima volta da quando ha memoria è secco e spera che le giovani piante sopravvivano.

Dopo la visita il figlio più piccolo mi regala un suo disegno. Come accoglienza e benvenuto – dice il padre. Lo metto sulla credenza e fa da primo arredamento della casa. Si perché, a parte quattro piatti e posate, non c’è nulla, e state sicuri che se dovete portare tutto a zaino la casa non si riempie in fretta di oggetti. Lo stendibiancheria per esempio, che priorità avrà? Io amo lavare a mano maglietta, calze e mutande e ingegnarmi per una ricetta gustosa con due soli pentolini. Stasera però non cucino. C’è un aperitivo giù per salutare un’amica che va a vivere in montagna. In Piemonte a 1500 m tutto l’anno. Non senza timori segue il fidanzato che ha trovato lavoro nell’ufficio tecnico del Comune. Beviamo una birra in riva al lago del Segrino e poi devo tornare su. Non ho la pila frontale e il cellulare è scarico. Non vorrei mi sorprenda il buio e cammino con le ali ai piedi. Nel punto di incontro con la cinghialessa migliaia di lucciole mi illuminano la strada.

Ma lo sapevo, il bosco mi è sempre stato amico.

Arrivato a casa controllo l’orologio: mezz’ora dal treno al portone. Meno di quello che ci metto a Milano per tornare dal cinema con l’orario serale della metro. In altri dieci minuti a piedi sono al paese di sopra dove mia moglie è andata a prendere la pizza. Il paese dove abbiamo affittato la casa non ha una pizzeria. Ha un albergo gestito da due vispe sorelle più sugli 80 che sui 70 e che, su richiesta, fanno asporto per la cena. Rosanna mi mostra la foto di apertura a inizio ‘900. Si può vedere la strada ancora sterrata e il carretto trainato da un mulo del signore che vendeva i gelati. Mi fa notare anche che i gradini di accesso alla grande terrazza d’ingresso sono stati spostati perché quando hanno asfaltato la strada l’hanno fatta passare così vicino che si rischiava di finire sotto una macchina ogni volta che si usciva.

I boschi sono percorsi da mille sentieri o dalle tracce che ne rimangono. La gente si spostava a piedi e per non fare 100 metri in più per andare a un lavatoio o a un casotto degli attrezzi, creava col passaggio giornaliero un sentiero in più. Si può stare sicuri che i principali partono dalla chiesa. Ed è così. La bella chiesa in romanico comasco ha un campanile con quattro piani di bifore che salendo diventano un po’ più alte dando slancio alla torre campanaria.

Il prato davanti è curato personalmente dal sindaco che un giorno mi mostra anche un vecchio cortile degli scalpellini che lavoravano la pietra per le chiese della pianura. C’è ancora una bella colonna in ghiandone nella corte che mi apre in via eccezionale.

Il padrone di casa invece, mentre mi regala la rucola del suo orto, mi racconta che per integrare il reddito molti erano forbiciai. Facevano arrivare gli stampi dalle fabbriche di giù e la sera affilavano le lame e facevano il buco per la vite.

Quest’estate le iniziative culturali per dare un po’ di vita al paese, meta di un turismo che ama la tranquillità, sono poche e in ritardo. Problemi tra il Comune e la Pro-loco mi dice la signora dell’alimentari. Ogni mondo è paese. Io che pure amo la ciclabilissima Milano sono contento di poter salire qui al fresco sopra la pianura assolata, che quassù manda il ronzio di motori lontani e il colore grigio di milioni di tubi di scappamento. Viva i piedi e chi li usa!

RIMANI AGGIORNATO sulle uscite del blog.

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