A Milano si beve acqua San Rubinetto

Il caratteristico Drago Verde dei milanesi

Perché a Milano una persona sceglie di comprare acqua in bottiglia? Un’acqua che costa mille volte di più e che ha la stessa qualità dell’acqua del rubinetto?

Se si lascia evaporare il cloro mezzora in una brocca, l’acqua del rubinetto non è riconoscibile dall’acqua in bottiglia.
Come in un esilarante sketch l’acqua minerale non è altro che acqua. Naturale! Nulla più.
Milano poggia letteralmente sull’acqua. Il sottosuolo di Milano infatti è composto da strati di sabbia e ghiaia intrisi dell’acqua che proviene da piogge in alta pianura: un immenso fiume sotterraneo che scorrendo si purifica e si arricchisce di sali minerali. L’acqua giace fresca sotto strati di argilla che la proteggono dall’inquinamento. L’acquedotto la preleva da più di quattrocento pozzi che la pompano ininterrottamente per soddisfare le esigenze delle cucine e dei bagni dei milanesi. Potete vedere qui una spiegazione rapida e ben fatta di cosa è un acquifero sotterraneo.
L’acqua del nostro acquedotto è controllata con 190 000 analisi chimiche e microbiologiche all’anno, per garantire la massima sicurezza. Scorre in una rete di più di duemila km di tubi e arriva fino al nostro rubinetto, fresca, buona e sicura. La legge fissa i valori chimici che l’acqua potabile deve rispettare e i limiti per l’acqua del rubinetto sono molto simili, se non più restrittivi, di quelli delle acque in bottiglia.
L’acqua dei pozzi a Milano viene convogliata a 28 grandi vasche prima di essere distribuita alle case. Ogni quartiere ha la sua vasca e un’acqua leggermente diversa. Qui potete digitare l’indirizzo della vostra via e avere l’analisi chimica proprio dell’acqua di casa vostra! Oltre che la posizione di tutte le vedovelle.

Il Comune ha anche posizionato in decine di punti della città le Case dell’acqua che danno acqua fresca e purissima, liscia e gassata. Basta avere la tessera sanitaria. Qui puoi scoprire qual è quella più vicina a casa tua!
Per mantenere la purezza microbiologica nei tubi viene aggiunto, soprattutto d’estate, del cloro che può dare un sapore un po’ sgradevole. Il cloro però è molto volatile e basta lasciare l’acqua per mezz’ora in una brocca per farlo evaporare.
Le bottiglie di plastica in cui viene trasportata l’acqua invece sono fatte di polietilene (PET) che, se lasciato al sole (per esempio per una sosta prolungata del camion che le trasporta), rilascia acetaldeide. Si può provare a confrontare a occhi chiusi l’acqua del rubinetto lasciata mezz’ora in una brocca e quella in bottiglia; si rimarrà stupiti.

Il motivo del successo dell’acqua in bottiglia non può che stare nelle storie raccontate dalla pubblicità e infatti le aziende del settore spendono in Italia ogni anno centinaia di milioni di euro per “darcela a bere”: ci piace pensare di essere felici e con la pelle liscia come quelli che la bevono nella pubblicità in TV. Gli italiani sono al primo posto in Europa per pagare quel piacere illusorio: più di cento euro per berne circa 200 litri all’anno a testa.

Questo comporta una quantità di plastica di rifiuto pari a circa dieci miliardi di bottiglie all’anno: per avere un’idea della quantità esorbitante di plastica, se le mettessimo in fila formerebbero una catena che fa 75 volte il giro della Terra.
Le aziende imbottigliatrici pagano un prezzo fissato da concessioni regionali che si aggira intorno a un millesimo di euro al litro. Quello che si paga al consumo quindi non è l’acqua ma il petrolio per imbottigliarla e per trasportarla, oltre che ovviamente il profitto miliardario delle aziende.
Basta pensare che al nord si bevono acque del sud Italia e viceversa! In nord Europa è molto più diffuso il “vuoto a rendere”. Per capire quanto sarebbe migliore questa pratica basta sapere che per produrre 1 kg di PET, l’equivalente di 35 bottiglie, sono necessari circa 1,9 kg di petrolio, 17,5 litri di acqua e un impiego di energia pari a 23 kWh. L’intero ciclo di produzione di una bottiglia immette in atmosfera un quantitativo di CO2 che supera di 245 volte le emissioni che si avrebbero se si scegliesse di consumare acqua di casa.


E pensare che il Comune di Milano spende denaro pubblico per garantire un’acqua altrettanto buona che esce dal rubinetto di casa nostra!
Il futuro
Sembra quindi che Milano non abbia un problema di acqua; però questo potrebbe non essere più così in futuro. L’acquedotto fornisce più di 220 milioni di metri cubi all’anno di acqua potabile che viene impiegata per i più svariati usi. L’uso potabile è trascurabile in quantità ma è il più essenziale e irrinunciabile. Sarebbe bene quindi riciclare il più possibile l’acqua per tutti gli usi non potabili come il lavaggio piatti e l’annaffiatura delle piante.
Per prelevare acqua di buona qualità, già da parecchi decenni, viene prelevata dal secondo acquifero, cioè da quello che si trova sotto uno spesso strato di argilla che la protegge dall’inquinamento superficiale. Gli stessi pozzi che pescano da questo secondo bacino però, devono bucare lo strato d’argilla e, in prossimità di questi buchi, oltre che per altre zone naturali di contatto, gli inquinanti si spostano. La contaminazione per ora è lenta e circoscritta a punti specifici che non creano nessun problema alla qualità dell’acqua.
I massicci prelievi dal secondo acquifero però provocano un “risucchio” di acqua dall’acquifero più superficiale e in futuro Milano potrebbe avere problemi di inquinamento.
Esiste anche un acquifero più profondo di acque molto pulite e sicure ma che ha una capacità di ricarica molto più lenta e non potrebbe soddisfare gli attuali ritmi di prelievo.
Dobbiamo concludere che, per quanto riguarda l’acqua, la natura è stata generosa con Milano, ma non può accontentare una voracità infinita.
Bere l’acqua in bottiglia è il modo peggiore per sensibilizzare gli amministratori alla cura dell’acquedotto, per cui viva l’acqua San Rubinetto!

Qualche anno fa Legambiente aveva promosso la campagna “Imbrocchiamola” per stimolare il consumo di acqua del rubinetto nei locali. Se ne è persa traccia, forse perché il rincaro del bar è calcolato per far quadrare i conti nel prezzo finale di un pasto. Meglio sarebbe a questo punto far pagare 50 centesimi in più il cibo e servire acqua del rubinetto!

Una risposta a “A Milano si beve acqua San Rubinetto”

  1. Le vacanze sono occasione di decentrarsi e vedere cosa si fa all’estero. A Parigi in ogni brasserie o ristorante la prima cosa che fa il cameriere è mettere a tavola una caraffa di “Eau de Paris”.

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