Sì, piscina!

Momenti di relax alla piscina Cardellino

Pieno agosto. Milano. A casa il termometro supera i 30 gradi. L’aria è più ferma di un blocco di granito. La pressione è bassa. La muerte.
Se non che…ecco affacciarsi l’idea della piscina.
C’è solo da superare la barriera della strada infuocata che la separa da casa ma l’idea di un tuffo nell’acqua fresca è come la carota davanti all’asino.
Costume, cuffia, ciabatte, anguria o due banane nella borsa e si è già fuori casa. Ancora pochi minuti, sette euro di ingresso (otto nei fine settimana) e si può entrare in acqua. Tuffo o ingresso lento, a scelta. La vita ritorna.
A Milano sono varie le piscine pubbliche all’aperto (Argelati, Cardellino, Bagni misteriosi, Romano, Sant’Abbondio più le piscine dell’Idroscalo) ma anche quelle al chiuso hanno spesso la possibilità di accedere a un giardino dove rilassarsi tra un bagno e l’altro.

Si sta in buona compagnia: gruppetti di amici, famiglie, coppie, single. Da 0 a 99 anni. Ognuno col suo telo e le scorte di cibo.
Un sottofondo di benessere fa da voce di basso all’orchestra dei suoni: la play-list del baretto, lo splash dei tuffi, le grida di entusiasmo dei bambini per un nuovo gioco d’acqua inventato con i nuovi amici.
I teli e i lettini sono vicini ma la discrezione è la stessa delle spiagge.
Per un’intera giornata, fino alla chiusura serale, i pensieri della bolletta che aumenta o del lavoro sono lasciati da parte, o almeno ci si prova.
Alla piscina Cardellino nel quartiere Lorenteggio capita di vedere donne arabe che guardano i loro bambini con le gambe a mollo nell’acqua fresca, e non mancano i padri.
I bagnini dosano con esperienza il ricordo delle regole alla concessione di qualche piccola eccezione su misura della situazione del momento.
Le rondini sfrecciano a pelo sull’acqua e il loro ventre bianco si colora di riflessi azzurri.
L’uso della superficie d’acqua si auto-organizza secondo consuetudini ormai consolidate: a lato delle corsie centrali dedicate a chi vuole fare quattro bracciate, dalla parte del bar stanno i giovani mentre agli angoli opposti i bambini, infaticabili nel loro uscire e rituffarsi.
Lungo i bordi c’è da una parte la zona alberi con l’ombra dove tira sempre un po’ d’aria, dall’altra il prato assolato per gli umani-lucertola. C’è chi gioca a carte, chi dorme, chi guarda il telefono e chi legge.
Tranne rare eccezioni c’è grande rispetto per la struttura e per il prossimo, probabilmente perché le persone riconoscono il valore di questi impianti.
Un vero sollievo fino a fine agosto per chi non parte per le spiagge e rimane quaggiù in città.
Qualche notizia sulla gestione di questo bene comune della città può essere utile per aumentare la consapevolezza del lavoro necessario a mantenerlo: fino alla metà degli anni ’60 il Comune di Milano si occupava direttamente della costruzione e gestione di impianti e della promozione delle politiche sportive.
Nel 1964 tali attività furono affidate al neonato Centro Milanese per lo Sport e la Ricreazione. Questo soggetto venne trasformato nella società per azioni Milanosport nel 1993. Attualmente il Comune è l’unico azionista.
Oggi dei 130 impianti di proprietà comunale solo l’Arena Civica Gianni Brera è gestita direttamente dal Comune. Milanosport ne gestisce una trentina, e i rimanenti sono dati in concessione a federazioni, enti, associazioni e società sportive che ogni giorno arricchiscono a proprie spese e con il proprio operato il patrimonio pubblico.
La società Milanosport ha sempre avuto perdite di esercizio in virtù di un contratto col Comune di Milano che prevedeva a suo carico le opere di manutenzione straordinaria e gli investimenti. Dall’entrata in vigore del nuovo contratto il 31/12/2020 questi costi sono ora a carico del Comune per cui i bilanci in anni normali non dovrebbero più comportare risultati economici negativi. La perdita di esercizio si è però avuta lo stesso a causa della pandemia da COVID. Non è bastato il contributo di 4,7 milioni di euro che il Comune dà ogni anno per garantire un prezzo calmierato in virtù della natura sociale dell’attività svolta.
Come si legge nel bilancio pubblicato sul sito, l’azienda ha chiesto ad aprile 2021 un prestito di 5 milioni di euro a Banca Intesa che dovranno essere restituiti in sei anni.

E lo scandalo dove sta? I bagnini sono pagati 6.80 € l’ora mentre Milanosport paga per loro alla Fin 20 € l’ora.
Poter passare una giornata a bordo piscina per soli sette euro è un fatto di civiltà. Teniamoci stretto questo servizio pubblico!

Nell’immagine manca la nuova piscina Parri Mengoni a Bisceglie mentre gli impianti sportivi denominati Washington e Cambini Fossati non comprendono piscine. Mancano anche le piscine Lampugnano e Mecenate gestite dalla FIN Federazione Italiana Nuoto


Interessante è anche la cronologia dell’apertura delle piscine. Come si può vedere la piscina Parri Mengoni nel nuovo quartiere di Bisceglie è la prima piscina costruita dopo un buco di trent’anni nei quali comunque sono state riqualificate molte delle piscine esistenti:

  • anni ‘30 piscine Romano (1929), Lido, Cozzi
  • anni ‘60 piscine Argelati, Solari, Mincio, Iseo, Bacone
  • anni ‘70 piscine Arioli Venegoni, Saini, Sant’Abbondio
  • anni ‘80 piscine Suzzani, Murat, Procida, Lampugnano
  • 2021 piscina Parri Mengoni

Col riscaldamento globale, tra le opere di adattamento previste da un “Piano clima” per la città, non potrà mancare lo sviluppo delle piscine di quartiere a prezzo accessibile, vero salvagente dei milanesi in estate.

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