Pendolare sei-uno-zero

Alle 16.35 di un freddo e soleggiato Sant’Ambrogio il treno regionale parte puntuale da Canzo per Milano. È pulito e il riscaldamento funziona a dovere, ma a Inverigo il treno si ferma, viene annunciato un problema alla linea aerea, che i più interpretano come linea elettrica.

Sospiri diffusi si levano tra i passeggeri ma la speranza di un ritardo breve è ancora solida.

Dopo mezz’ora il treno riparte.

Il tempo di pensare che la cena non salterà ed ecco che arriva la stazione di Seveso e con essa un altro annuncio.

“Il treno finisce la corsa, si prega di scendere”.

La confusione iniziale dura poco. Sul binario di fronte sosta il suburbano da cui scende una giovane ferroviera molto gentile, che invita a salire al caldo del suo treno in attesa di aggiornamenti.

I corpi ricurvi dei pendolari del regionale attraversano il binario e vanno ad aggiungersi a quelli del suburbano.

Dopo un’attesa breve per chi non ha niente da fare, ma lunga per tutti gli altri, il treno parte. Il pendolare pensa che arriverà in ritardo ma pur sempre per cena, niente di grave.

Pochi minuti dopo il treno si arresta. Sembra uno scherzo ma non lo è. Passa la capotreno in corridoio, col cellulare in mano. Coraggiosa la capotreno. Non ripasserà più.

L’ottimismo inizia a scemare. Nessuno protesta. Il fatalismo ha plasmato negli anni il pendolare Trenord.

Il treno riprende a passo d’uomo, accelera un poco, si arresta.

Clof, clop, cloch,

cloffete,

cloppete,

clocchette,

chchch…

(grazie Palazzeschi).

Verso le sette di sera l’S4 si ferma nel nulla, cento metri prima della stazione di Paderno.

I passeggeri intabarrati nei loro cappotti non lasciano trapelare niente dal loro sguardo. Tanto cosa cambia?

Passa mezz’ora.

Nessun annuncio.

Passa un altro quarto d’ora. Prima o poi dovranno dire qualcosa. I passeggeri provano ad appoggiare la testa sullo schienale e raccogliere le forze per ogni eventualità. La serata si annuncia lunga.

Il silenzio viene interrotto da una voce al microfono. Il pendolare si aspetta qualche informazione sul viaggio ma no, la voce ricorda che è proibito scendere dal treno fuori dalle stazioni.

Già! L’incauto potrebbe essere travolto da un treno a carbone a tutta velocità.

La voce, dopo che ogni fuggiasco apre delittuosamente una porta con la manopola di emergenza, ribadisce di non scendere. I pendolari più consumati infatti, si sono fatti venire a prendere da un’auto che si è fermata sulla provinciale di fianco al treno.

Un indiano borbotta. “Non succede nemmeno al mio paese”, sembra dire.

Poco prima delle otto di sera la voce all’interfono annuncia “Stanno arrivando i soccorsi”.

Molto tranquillizzante. Cosa c’è? Un incendio? Un’esplosione? Una fuga di gas?

La voce torna a parlare per chiedere se a bordo ci sia un agente di pubblica sicurezza e lo prega di recarsi in prima carrozza.

Il navigato pendolare non si scompone. Il pericolo è a poche carrozze di distanza. Non c’è ancora da preoccuparsi.

Alle otto compare da lontano la luce lampeggiante delle sirene. Sono i pompieri. Viene aperta una porta in fondo al treno e si forma in corridoio un flusso ordinato di corpi. Un pompiere aiuta a scendere i meno agili. Si cammina sul pietrisco della massicciata al buio, fino alla stazione di Paderno.

Si raduna una folla di qualche centinaio di persone.

Nessuno sa niente, nessuno avvisa di niente, ma tutti confidano che presto arriverà un pullman sostitutivo.

Si aspetta al freddo. Si sentono colpi di tosse. I virus ringraziano. La speranza di cenare è ormai svanita. I minuti scorrono. Il tabellone riporta solo che il treno ha 115 minuti di ritardo. La voce continua a ripetere l’unica informazione che tutti sanno già: il treno è soppresso.

A un certo punto una signora esce di corsa dalla sala d’attesa. Grida che ha visto un pullman. Ma no, è un’allucinazione.

Si torna tutti nel torpore che mette al riparo dallo sconforto.

Qualcuno, in ordine decrescente di conto corrente bancario, inizia a chiamare un taxi.

La folla sul marciapiede si assottiglia col passare dei minuti. Passano macchine private di parenti e amici, disturbati all’ora di cena; passano taxi, passano Uber. Alcuni passeggeri si mettono d’accordo per pagare un taxi collettivo fino ad Affori.

Una pattuglia della polizia fa presenza, non si capisce a che scopo.

Chi perde la coincidenza, chi la cena con gli amici. Chi ha i figli piccoli che lo aspettano.

Chi si deve svegliare l’indomani all’alba, chi ci deve andare adesso.

Il sole cala su un’altra normale giornata del pendolare Trenord.

“Il mondo è fuor di squadra: che maledetta noia,

esser nato per rimetterlo in sesto!”

Amleto

Vado a leggere il contratto di servizio tra Regione Lombardia e Trenord 2023-2033.

42 pagine con 547 pagine di allegati. Scorro l’indice e leggo all’allegato 7 a pagina 335 che esiste una procedura in caso di guasti all’infrastruttura che prevede “assistenza ai viaggiatori e istituzione di autobus sostitutivi sulla tratta interrotta, da attivarsi entro la frequenza di cadenzamento della linea (es. se la frequenza è di 60′, il primo bus deve essere disponibile entro 60′ dall’interruzione), in numero coerente con la stima dei viaggiatori da trasportare”.

Leggo anche a pagina 341 che “al momento dell’avvenimento che determina l’anomalia alla circolazione, e sino al compiuto ripristino della regolarità del servizio, Trenord adotta le procedure per la comunicazione alla clientela, interfacciandosi con i Gestore dell’Infrastruttura e con i capitreno, tramite il personale presente in Sala Operativa, per la diffusione di annunci sonori nelle stazioni, a bordo treno e sui canali digitali. Il contenuto dell’informazione da fornire ai passeggeri prevede i seguenti elementi minimi: luogo, tratta e durata della variazione accidentale, motivo, modalità operative di gestione e di risoluzione della variazione accidentale”.

La domanda è come sia possibile, dopo tanti anni di disservizi, che Trenord si veda confermata nella gestione per un intero decennio e non rispetti ancora il contratto.

Una risposta parziale ma interessante si può trovare nello stesso contratto, che prevede penali in caso di mancato adempimento. Le penali vengono pagate da Trenord a Regione Lombardia, l’ente che detiene il 57,75% di Ferrovie Nord Milano, la quale, insieme a Trenitalia, possiede le azioni di Trenord. Il controllore coincide con il controllato. I soldi che escono dalla porta rientrano dalla finestra, senza mai sfiorare il pendolare. Infatti per ottenere il rimborso di un biglietto di pochi euro occorre perdere ore a registrarsi sul sito, compilare moduli e allegare documenti. Un altro furto di tempo.

Ho il sospetto che la multa per il mancato servizio costi meno a Trenord rispetto a garantire corse di emergenza anche durante l’orario serale e i festivi. Se fosse così, e il criterio decisionale fosse solo economico, bisognerebbe aumentare la multa e prevedere un ente di controllo esterno che guadagni dalle multe.

Il cancro del pendolare, nonostante abbia responsabili umani ben individuabili, non fa più notizia.

Caro amministratore delegato 627 (sono le migliaia di euro che prendi all’anno ndr), prova anche tu a prendere l’ultima corsa notturna da Seveso sull’autobus sostitutivo.

Val più di un master universitario su come si gestisce una rete ferroviaria.

Una risposta a “Pendolare sei-uno-zero”

  1. Tutto questo nella regione che si vanta di essere la “locomotiva d’itaGlia” (errore voluto) che si definisce un paese sviluppato HAHAHAHAHAHAHAHAHAHA 😂😅🤣🤣😂🤣🤣😂😂😄😄🤪😂🤣🤣😂😂

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