Luis Buňuel meglio delle panchine rosse

Dopo aver visto El si rimane consapevoli di aver visto un capolavoro.

È un film che fa partecipi della personalità di lui e di lei ma al tempo stesso è anche un manuale cristallino sul narcisismo patologico.

Francisco, si invaghisce guardando in chiesa i piedi nelle scarpe di Gloria, composte ed eleganti al tempo stesso, come lo è il suo ideale femminile, bello e remissivo. La seduce grazie al suo sguardo e portamento sicuro, ai modi raffinati e alla parlantina che sa colpire istintivamente nei punti giusti.

Lei ha delle resistenze ma poi cede all’abbaglio, lascia l’uomo che ama e lo sposa. Già durante la prima notte di nozze, la gelosia di lui impedisce alla coppia di vivere qualsiasi sentimento della palette di colori dell’amore: scherzi, affetto, erotismo, fiducia, sono tutti negati dalla necessità di lui di sentirsi amato sopra ogni cosa e in qualsiasi istante, come unico uomo presente sulla Terra. L’impossibilità di questa pretesa porta ad un continuo chiedere cieco di lui e ai tentativi di accontentare il marito di lei.

L’intimità del rapporto non può evitare di far venire a galla le fragilità di Francisco, così ben celate nella vita sociale. La gelosia gli fa ricostruire nella mente scene di tradimento, a partire da qualche dettaglio che per lui è una prova. Tutto l’odio di lui si riversa allora su Gloria. Le impedisce di vedere gli amici per paura che qualcosa della loro vita privata possa trapelare fuori dalle mura di casa.

L’ambivalenza dei sentimenti di lui, se c’è, è dettata dalla consapevolezza che lei è la prima persona che ha incontrato nella sua vita con cui i suoi sogni di unione e completamento potrebbero realizzarsi. Gloria è disponibile ad amarlo e ci prova all’inizio in tutti i modi.

Lui però fa il dolce e la cerca solo nei momenti in cui ha bisogno, per poi respingerla per la vergogna che ne segue. Non riesce a farle il minimo gesto di attenzione che non abbia un immediato tornaconto. Perfino la meta del viaggio di nozze ha un tornaconto per Francisco perché è il paese dove la sua famiglia ha degli antichi possedimenti, contesi in tribunale in un’infinita causa impossibile, di cui lui ha bisogno per sentirsi l’uomo onesto derubato e perseguitato.

Il sentimento di gelosia vissuto nella solitudine della sua mente non può che ingigantirsi fino a farsi intollerabile. Per lui ammettere la propria insicurezza equivale ad ammettere la propria nullità, è quindi del tutto intollerabile e vissuto come minaccia di morte.

Le spese deve pagarle quindi lei, unica testimone della sua vera natura. Deve morire. Per ben due volte Gloria si salva da un tentativo di omicidio, mascherato da scherzo. Per ben due volte torna a casa, inconsapevole del suo pericolo ma anche presa da pietà per il marito, che sente di essere la sola a comprendere.

Poi inizia a capire che deve cercare aiuto ma non sarà facile trovare chi si fidi della sua versione.

Finché…ma qua mi fermo.

Emblematica l’andatura finale di Francisco, all’apparenza composta ma a zig zag, segno di una sostanziale non-guarigione carica di presagi.

Impressiona che il film è del 1953 e si basa sulla novella della scrittrice Mercedes Pinto del 1926.

Quando uscì restò nelle sale solo due settimane solo grazie alla fama dell’attore protagonista Arturo de Còrdova, e non è mai stato distribuito nelle sale italiane fino al 2023, dopo il restauro operato dalla Cineteca di Bologna.

Oggi a vederlo, oltre a essere un capolavoro di recitazione e fotografia, non ha pari nella capacità di analisi e comprensione dei meccanismi psicologici alla base di molti femminicidi o rapporti comunque malati. Benvenuto quindi il lavoro di restauro e diffusione della Cineteca.

A dispetto del suo bianco e nero sono sicuro che il film regge anche il giudizio dei giovani.

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